Recensione del taccuino di Stefano Raimondi: “Portatori di silenzio” apparso sul Sole 24 ore di domenica 13 ottobre. Articolo di Franco Loi.
Duccio Demetrio e Nicoletta Polìa-Mattìot dirigono una collana dal nome molto significativo, «Accademia del silenzio», che ha pubblicato circa 12 titoli di riflessìonì attorno ai vari aspetti dell’esperienza umana sull’ascolto del silenzio. Naturalmente vi collaborano molti studiosi e docenti dai più diversi indirizzi scientifici, artisti e poeti di qualità.
Comincerò con un’osservazione del poeta Stefano Raimondi. apparsa in uno dei volumi della collana, Portatori di silenzio, e che a me pare particolarmente idonea a comprendere quali e quanti aspetti può avere questo tema: «Esistono parole che fanno “passare” e altre che “portano” in qualche luogo senza farcene conoscere la meta. Esistono parole di passo e parole d’ombra. Queste ultime avvengono scaturendo dalla luce», In questc modo Raimondi. con «parole di passo», intende riferirsi alle parole della pratica del vivente con la natura e nella società, cioè le parole che si riferiscono sempre a qualcosa di cui gli uomini sono coscienti in modo convenzionale ed effimero; mentre. con «parole d’ombra» si accenna a ogni ascolto che sopravviene dall’essenza dell’universo intero, nella complessità di ogni rapporto, e a ciò che accade in noi stessi durante queste esperienze. Conferma infatti Duccio Demetrio in l sensi del silenzio: «Parleremo del silenzio vivo e presente che d avvolge. rispettandoci ed interrogandoci. e poi dei silenzi che abitano soltanto dentro ciascuno di noi». –
A me sembra che troppe persone siano ormai abituate a considerare il silenzio come assenza di rumore o come “tacere”. Mi fa quindi molto piacere che il professor Demetrio abbia voluto dedicare questa collana di Mimesis a vari approfondimenti per ristabilire l’importanza di questo argomento per la vita umana e persino per l’etica stessa della società. Non si riflette mai abbastanza sul fatto che noi uomini siamo animali molto strani: la cosa più difficile e straordinaria, nell’intraprendere una qualsiasi azione o lavoro o atto creativo, è far tacere la nostra mente, cioè il bagaglio delle certezze e delle consuetudini o abitudini quotidiane che formano il patrimonio più diffuso del nostro pensiero; per non parlare delle ideologie attraverso le quali siamo abituati ad accertare o accogliere la realtà, invece di affrontarla per come si presenta nell’esperienza diretta Basta concentrarsi sulle coercizioni delle mode, sia nel campo del vestirsi sia dell’acconciarsi il corpo, per non parlare delle nozioni pseudo “scientifiche” o delle imitazioni nel campo dell’arte o della letteratura. È nel segreto della mente e dell’egoismo individuale il vero segreto di ogni silenzio. Se no, come possiamo ascoltare il nostro inconscio, sempre esorbitante dentro di noi, che costituisce il ponte verso quella ”luce” a cui accenna Raimondi?
A questo proposito mi pare opportuno riflettere su quanto scrisse Benedetto Croce: «Nel filosofo accade il medesimo che nel poeta Non è lui che filosofa, ma Dio o la natura Anzi, dirò di più, è la cosa che pensa se stessa in lui»; e quel “lui” si riferisce a quello che siamo abituati a chiamare lo, con le sue convenzioni o false verità o reminescenze scolastiche.
È appunto l’ascolto di questa “cosa”, da cui nascono anche i sogni che tanto inquietano la maggior parte degli uomini, che ci mette in grado di arricchire e consolidare la conoscenza di sé e preparare il terreno a quell’intuizione che, come scrive Einstein, «apre la porta a ogni vera conoscenza» o, come dice Petrarca, alla «vera poesia» e, come riconferma Planck, pone l’uomo davanti al mistero, che è appunto l’enigma di fon-do di ogni vita.