La forza del silenzio

di Giorgio Macario

Martedì 13 dicembre.

Contro il razzismoIl sole che tramonta. Molta gente per strada, soprattutto neri che parlano in modo concitato, ma a bassa voce, formando piccoli gruppetti sparsi per tutta Piazza Duomo ed intorno al Battistero. Poi le forze dell’ordine, decine e decine di poliziotti e carabinieri disseminati per ogni dove.

Sicuramente ė successo qualcosa, ma cosa non ė dato sapere.

Il centro di Firenze ė sempre pieno di gente, normalmente però più rumorosa e affaccendata, con un viavai febbrile di turisti ed autoctoni.

Oggi, invece, il tempo appare sospeso.

Tutti sembrano in attesa di un qualche segnale di smobilitazione: gli uni rifuggendolo per proseguire una condivisione più partecipata; gli altri auspicandolo, impazienti di rientrare ai loro reparti.

Difficile chiedere, sembra di impicciarsi nei fatti altrui.

Il silenzio è relativo, ma comunque impressionante.

Si ascoltano poche parole e mezze frasi: mercato del porcellino, chiuso, tutti neri, incredibile che sia successo.

Torno in albergo, accendo il televisore e tutto appare più chiaro anche se drammatico: Samb Modou e Diop Mor, due lavoratori senegalesi, uccisi; diverse altre persone di colore, Moustapha Dieng, Sougou Mor e Mbenghe Cheike, ferite.

Lì vicino, poche ore prima, il fragore dei colpi esplosi da un razzista nell’anima e nei fatti ha interrotto il consueto incedere degli eventi. L’immediata reazione di molti ha prodotto, poche ore dopo, il silenzioso sostare di cui ero stato testimone.

Mercoledì 14 dicembre.

Durante la serata precedente non si è quasi parlato d’altro. L’insensatezza del gesto è un sentire comune. La solidarietà verso le vittime senegalesi è una costante. La condanna del razzismo, comunque si manifesti, è molto diffusa.

D’altra parte i presenti, decine di operatori esperti che si occupano di adozioni internazionali provenienti da tutta Italia, condividono la difesa dei diritti dell’infanzia in difficoltà proveniente da tutto il mondo.

Qualsiasi azione potrebbe apparire scontata. Ma è comunque importante contribuire con la propria testimonianza diretta.

Il mattino successivo mentre l’intera città di Firenze mostra il suo sgomento proclamando il lutto cittadino, ci ritroviamo agli Innocenti per avviare i lavori seminariali.

In città, alle 10, è previsto un momento di raccoglimento.

All’Ipercoop, apprenderemo in seguito dai notiziari, tutti si fermano nel posto in cui si trovano, interrompendo gesti consueti ed automatismi scontati.

Farlo tutti insieme e senza una particolare preparazione ha del miracoloso più che dell’inconsueto.

Noi siamo già seduti nel Salone Brunelleschi e abbiamo avviato i lavori da un quarto d’ora circa. Ma prima di proseguire oltre in una giornata che vedrà tutti impegnati in molte ore di intensi approfondimenti, alle 10 in punto, dopo aver ricordato la profonda ingiustizia di quanto è accaduto, il silenzio dilaga nella sala.

È solo un minuto. Ma sono ben sessanta secondi, non uno di meno.

Lo so che a volte queste occasioni rischiano di essere una formalità, poco più di un adempimento rituale. Ma non questa volta.

Essere qui oggi, e non nelle rispettive città, è un caso fortuito. Ma rappresenta anche un’occasione per sentirsi maggiormente partecipi.

Sabato 17 dicembre.

L’aria è tersa. Il freddo, pungente. Il dolore, a tratti, palpabile. Come l’indignazione, che serve ad anestetizzare almeno un po’ la sofferenza per un gesto sospeso fra l’odio di una mente distorta ed il torpore di una quotidianità distratta.

I rumori delle esplosioni di pochi giorni fa che sono costate la vita a Samb e Diop, avrebbero potuto generare risposte analoghe sotto forma di fragori assordanti, reazioni avventate o gesti inconsulti.

Invece, queste stesse esplosioni, hanno dato vita ad una marcia del silenzio, decisa e multiforme ma al contempo dignitosa e risoluta. A dimostrazione del fatto che, se corale, la convivenza civile può vincere la bestialità umana.

Decine di migliaia in cammino a Firenze. Molti ma molti di più, sono convinto -e fra loro anch’io- coloro che, non potendo esserci, inviano un pensiero partecipe.

In auto, reduce da Anghiari diretto a Genova, sfioro Firenze in autostrada.

Non posso fare a meno di pensare che il silenzio relativo e impressionante dell’attesa, il minuto di silenzio partecipe e non formale, la marcia del silenzio composta e risoluta, parlano al cuore della gente evitando parole solite e spesso, ormai, consumate.