Incontri con la nebbia

di Paolo Campogalliani

Alcuni passaggi della nostra vita sembrano introdurci dove incertezza e disorientamento ci assediano dolorosi, le nostre domande incontrano un muro di silenzio. Come avvolti dalla nebbia, sentiamo che nulla è più come prima, che un mondo ci ha lasciato. A volte però attraverso questi smarrimenti, riusciamo a rintracciare percorsi nuovi, a intravedere spazi aperti, a intuire una sorta di rinascita. Forse stavamo indugiando su strade suggerite dalla paura e dal conformismo, confinate su di un territorio angusto.

Camminando sull’argine del fiume, mi accade, a volte, di trovarmi sorpreso dal calar della nebbia. Dapprima una tenue foschia s’addensa sulle acque, poi, quasi impercettibile, giunge a lambire l’argine. Sembra salga dall’acqua che scorre qualcosa che cerca un percorso diverso e più libero, è la nebbia.

Il disagio passa veloce e subentra piacevole l’acclimatarsi a questo mondo in cui sembra farsi perfino visibile il silenzio. E il ricordo spontaneo va alle nebbie più fitte d’un tempo, la traversata in motonave in laguna, il battito lontano della campana che guida la rotta verso l’imbarcadero, improvviso ritmato vicino il batocchio di qualche briccola… ma rivedo, assai più avventurose e impegnative, le nebbie che incontro camminando in montagna. E rivivo presenti, momenti e impressioni delle ultime uscite.

La montagna, alle volte, ci attrae pur col tempo che si vede farsi sempre più incerto.

E allora può accadere che si vive un richiamo che invoglia a percorrerla su tracciati sperduti, come andando a cercare, nei luoghi dintorno, una inconscia metafora di problemi e fatiche del mondo che ci abita dentro, quel mondo che il rumore dei giorni ci tiene a distanza.

Come fossero momenti della vita in cui urge sincero il bisogno di trasparire a noi stessi, esternando, nel mondo di fuori, inquietudini e domande da tempo sospese.

Scorgo sotto alcune stalle in abbandono, tra le tracce nel bosco qualche raggio di sole, ai prati e ai muretti, alle Zolle di dentro, ci sono nuvole basse che indugiano lente tra le piante e la strada.

Poi anche questo s’acquieta, e la nebbia la si incontra avvolgente, luminosa, alternante di luci e di ombre.

Ora tutto sembra fatto più immobile, anche il tempo, come l’acqua giù in valle, sembra quasi non scorra, ogni tanto improvvisa si profila una sagoma scura vicina, per un attimo penso a qualcuno che incrocio, un incontro che ho atteso negli anni… resta solo questo bianco silenzio.

Mi ritrovo a stentare alcuni passi a fatica tra minuscole rade senza uscita, il sentiero è smarrito. Tutto intorno una luce diffusa, l’incertezza si è fatta una sorta di vuoto, non ostile, tranquillo, che accoglie in un senso di calma profonda.

E ripenso al passaggio alla sella stamattina, alla vista che spaziava lontano, col sole, verso pascoli e malghe, altipiani e paesi. Il sentiero non è più cosa mia, il percorso in programma è realtà marginale, resta solo questo mondo di nebbia che interroga, un contatto quasi cieco in cui tutto sembra stare appartato, le certezze quotidiane sono messe a distanza.

Ci sono nebbie diverse, rifletto, alle volte sono scure e opprimenti, questa invece è leggera, trasparente, come fosse un invito a cercare tracciati diversi, a non lasciarsi portare…

Da ragazzi, alle Pale, il sentiero si inoltrava nelle nuvole, si avvistava con ansia gli ometti di pietra traversando l’intero altopiano, si viveva come parte di un gioco eccitante e si fosse bendati. Tra di noi, anche molto lontani, si teneva divertiti un contatto di voce.

E comprendo che allora la nebbia era la sfida inebriante di tenere il tracciato. Mentre ora la nebbia è qualcosa più intenso. Questo bianco soffuso indistinto sospinge a trovare la forza di uscirne da soli, a lasciare i sentieri battuti di sempre, a cercare in silenzio senza udire la voce di alcuno.

Il percorso è soltanto un’attesa.

Improvviso giunge un soffio di vento, è il levarsi della brezza serale. Si intuisce che forse un’altra mezz’ora, e questo bianco che avvolge, questo mondo in cui tutto tace, lentamente si dissolverà.

Torneranno le cose collocate come sempre, torneranno le malghe, le piante dei boschi, anche l’acqua giù in valle tornerà alla sua corsa. E anche il tempo presente scorrerà come prima,vincolato tra passato e futuro, ma lo sguardo non sarà più lo stesso, rinnovato come fosse passato attraverso una prova, quasi il mondo si fosse lavato.

Questo smarrimento senza voce, questo distacco senza tempo, mi hanno sospinto a lasciare sentieri a me noti per farsi viandante.

Mentre arranco a fatica tra mughi ed arbusti, come sussurrate da queste nebbie che già iniziano a diradare, mi riaffiorano le parole del poeta, ossessive come una musica, fresche come la brezza: “Viandante, il sentiero non esiste, il sentiero si fa camminando”.

Qui sul fiume, la nebbia ora è sempre più fitta, ma il percorso prosegue tranquillo e il cammino è obbligato.