di Maria Grazia Ferraris
È arrivato l’autunno, finalmente. La stagione che amo. I turisti chiassosi sono scomparsi. È possibile nei nostri paesi di lago, riappropriarci del silenzio, di momenti di pensieri vaganti in solitudine, di passi perduti tra salici piangenti e robinie robuste ed infestanti, di colori ambrati e rugginosi, di verdi che si spengono, di blu che sconfinano nel viola, di riletture incantate di vicoli solitari, del territorio dei laghi insomma, di cui sono innamorata…
Orta è il nome di un paese e di un piccolo lago dell’Alto Novarese, il Cusio, un tempo meta dei viaggiatori del grand tour, frequentato da intellettuali in cerca di riposo, di pace e di un paesaggio congeniale al loro stato d’animo romantico. È un luogo del silenzio, se eviti i fine settimana superaffollati o se scegli bene la tua stagione di visita.
Di lì passò anche Nietzsche nel suo inquieto vagabondare italiano, e vi sostò nel maggio del 1882: qui incontrò Lou von Salomé, singolare giovane donna, intellettuale che sarebbe stata amica di molti scrittori e artisti tra i due secoli…, qui giunse Honorè de Balzac che scrisse di “un delizioso piccolo lago ai piedi del Rosa, un’isola ben situata sull’acque calmissime, civettuola e semplice, dove l’ animo ristorato invita a rimanere là, perché un poetico e melodioso fascino l’attornia con tutte le sue armonie e risveglia inconsuete idee….è quello, il lago, ad un tempo un chiostro e la vita….“: gli scrittori innamorati mi accompagnano nel mio giro.
È a Gianni Rodari, nativo di questi luoghi, che si deve la descrizione più partecipe dell’isola, sulla quale immaginò la storia del barone Lamberto:
“L’isola di San Giulio sembra fatta tutta a mano, come un gioco di costruzioni. Metro per metro, secolo dopo secolo, dandosi il cambio, uomini e altri uomini le hanno dato forma con il loro lavoro. Se si vede del verde, la natura non c’entra: sono i giardini delle ville. Non si vedono rocce, ma pietre, mattoni, vetrate, colonne, tetti. L’insieme è compatto come i pezzi di un rompicapo.
Di sera le differenze dei colori scompaiono, i profili si fondono, l’isola sembra un monumento in un sol blocco di pietra nera a guardia dell’acqua cupa. Da qualche finestra invisibile parte un raggio di luce, come un cordone gettato per tenere legata l’isola alla terraferma. ..È come se l’isola avesse troncato i contatti con la terraferma, per prepararsi a un lungo assedio. Così deve averla vista, prima dell’anno Mille, l’imperatore Ottone quando vi si rinchiuse il re d’Italia Berengario, e ci vollero delle settimane per costringerlo alla resa. …
Vecchie storie di gente morta da mille anni. Ma le pietre dell’isola se le ricordano…
..Si gode lo spettacolo del monte Rosa che esce dalle nuvole alla luce del sole, quando ancora tutte le altre montagne sono sepolte in una nebbia azzurrina, e le chiama, una dopo l’altra, a disporsi nel paesaggio, una dietro l’altra, una accanto all’altra, fino a riempire tutto lo spazio sotto il cielo.
C’è una luce che sembra argento fuso. Le montagne hanno innalzato tutt’intorno i loro sipari verdi e azzurri e dietro le cime svetta il Monte Rosa, come un gigante che guardi di sopra le spalle delle persone comuni.”
L’isola è posta a circa 400 m dalla riva. Visti dal lago, l’alto campanile della Basilica, i giardini, le case sembrano formare un palazzo incantato che si alza solitario tra le rovine del castello.
Arrivati col barchino sull’isola, trovate subito la Basilica di San Giulio e il Monastero. Infatti, l’isola è quasi interamente occupata da un convento di suore benedettine (Monastero Mater Ecclesiae), edificato sulle rovine del vecchio castello. Le monache si dedicano a “lavori manuali ed all’ospitalità spirituale” e gestiscono la “Scuola di restauro di tessuti ed arazzi”. Con la loro coltivata spiritualità contribuiscono a dare grande forza mistica ad un luogo immerso “naturalmente” nel silenzio. Silenzio vivo, che non è mancanza di vita né di armonia. Durante le domeniche di settembre vi si svolgono i concerti pianistici e l’isola vive il suo alto,colto, affascinato silenzio negli accordi musicali e nel quieto sussurro dell’acqua.
La si gira lentamente, senza fretta: vi è una sola via, che vi gira attorno, ad anello, sulle rive sono arroccate le case direttamente affacciate sul lago e costruite in pietra.
È un percorso suggestivo, scandito da tappe “mistiche” dove il tempo sembra essersi fermato.
Giustamente Piero Chiara, gran intenditore di laghi, diceva: “Orta, acquarello di Dio, sembra dipinta sopra un fondale di seta, col suo Sacro Monte alle spalle, la sua nobile rambla fiancheggiata da chiusi palazzi, la piazza silenziosa con le facciate compunte dietro le chiome degli ippocastani, e davanti l’isola di San Giulio, simile all’aero purgatorio dantesco, esitante fra acqua e cielo…”
Il cammino è segnato da targhe in più lingue che ti guidano alla meditazione: Ogni viaggio comincia da vicino; Il silenzio è la pace dell’io; Accettati, cresci, matura; Sii semplice, sii te stesso, Il silenzio è il linguaggio dell’amore… Dovunque cominci il cammino, il cerchio meditativo si chiude tornando al punto di partenza.
La Basilica ha subito modifiche in tempi diversi. Dell’epoca medioevale rimane l’abside maggiore, le navate e il magnifico ambone, realizzato con la locale pietra scolpita , una delle più pregevoli testimonianze dell’arte romanica in Italia. Le quattro colonne, diverse tra loro, sorreggono parapetti decorati da una fitta trama di sculture, gli affreschi sono tardo gotici.
Il lago è un cielo blu cupo, San Giulio una nuvola pietrificata. Di fronte appare la linea sfumata delle montagne. La collina scende dolcemente verso l’acqua, verso il paese di Orta: coi tetti di beola grigia, un reticolo di vicoletti, castagneti. Il piccolo borgo, gioiello dell’architettura medievale, con i suoi vicoli stretti e suggestivi, affascina . Ci si sente padroni di se stessi… è come se si fosse arrivati in porto. Dà l’idea vaga e dolce del riposo, del rifugio. Su quel piccolo lago è sospesa una nota malinconica e languida che fa bene allo spirito