Se il silenzio viene declinato al singolare, tutto appare piuttosto semplice.
Il silenzio è in questo caso la pura e semplice assenza di parole, una sorta di riproposizione dell’infanzia dove questa assenza è costitutiva già da un punto di vista etimologico.
Se, viceversa il silenzio, come accade sempre più spesso, viene declinato al plurale, assume sfumature e contorni non così facili da individuare e delimitare.
Le frontiere che potranno essere identificate correranno lungo linee mutevoli e sarà necessario approfondire l’analisi per non smarrirne i diversi significati.
Quali confini, quindi, possono delimitare il silenzio?
Il silenzio che accompagna crea nuovo spazio mentale e consente di riflettere navigando fra i pensieri,
Il silenzio che comunica mette in sintonia con gli altri, facendo riscoprire nuove vibrazioni.
Il silenzio che pulsa richiama alla vita, contrastando il rischio di sfuggire il proprio destino.
Il silenzio che distende crea nuove tonalità rendendo possibile insolite armonie entro i confini dell’universo.
Ma, d’altra parte, non si può ignorare il ‘lato oscuro’.
Il silenzio che disorienta ed utilizza alfabeti sconosciuti, laddove molti si incrociano ignorandosi reciprocamente nella nebbia.
Il silenzio che isola dal mondo impedendo nuovi incontri vivificanti e lasciando attoniti ed immobili entro un vuoto pneumatico e insondabile.
Il silenzio che spaventa e crea il nulla intorno a sé, impedendo il libero fluire di idee e proposte.
Il silenzio che terrorizza penetrando nelle profondità dell’anima e non concedendo tregua ad una mente paralizzata e stanca.
Sono confini incerti, tortuosi ed evanescenti sia nell’un caso che nell’altro.
Ma sono confini che meritano di essere percorsi, attraversati e vissuti.
Ciascuno alla ricerca del proprio silenzio.
Articolo e foto di Giorgio Macario