Sostare in silenzio e scrivere

Alighiero boetti - Il Silenzio è d'orodi Giorgio Macario

Sostare in silenzio e scrivere costituisce ormai una sorta di ingiunzione paradossale che unisce tre comportamenti per nulla diffusi nella vita convulsa di questi ultimi anni.

Sostare è ormai percepito alla stessa stregua del fermarsi.

E fermarsi non solo viene interpretato come non essere più in movimento ma è anche considerato sinonimo del gettare la spugna, di rinunciare, quindi, all’incessante operare che solo da diritto di essere considerati attivi, dinamici e soddisfatti.

Persone di successo, insomma.

Fermarsi vuol anche dire apparire insicuri della direzione presa, incerti sul da farsi, titubanti nell’assumere decisioni.

Nella migliore delle ipotesi, quindi, sostare è considerata l’anticamera del fermarsi.

Si ignora che la sosta è salutare poiché permette di riprendere fiato, di non essere travolti dagli eventi, di ponderare meglio sulle decisioni da prendere.

Se, come si dice, la fretta è cattiva consigliera, allora la sosta dovrebbe essere definita come un buon viatico per poter giungere alla migliore delle soluzioni.

Sostare è quindi la presa d’atto che il movimento non è fine a se stesso.

E saper stare in un luogo può quindi aiutare molto più che scapparne via all’istante.

“Volevano convincermi che bisogna cavalcare la tigre” mi disse un giorno un amico.

“Ma se non vado neanche a cavallo, figurati se mi metto a cavalcare una tigre.”

Chissà chi ha messo in giro la voce che il silenzio è d’oro.

Forse qualcuno che si era stufato di vivere in un mondo trafitto dal caos.

Visto che tutto tende ad essere ‘gridato’, il silenzio viene percepito come una resa incondizionata ai signori del rumore.

In un talk show centrato in genere sulla parola e sullo scontro, chi tace soccombe e appare semplicemente senza argomento alcuno.

Ed ogni tanto, alla stregua di un’eccezione che conferma la regola, esce un film che azzera le parole, che miscela la meditazione con i canti gregoriani ed è come se avesse un effetto catartico.

Ma il silenzio può anche essere prassi quotidiana, senza per questo scadere nell’eccentricità.

Il silenzio che apre ad un possibile dialogo interiore è certo più semplice di un silenzio in gruppo che imbarazza e che, nel caso, deve essere appositamente cercato.

È un silenzio vivo, pulsante, che comunica; non il silenzio dell’assenza, della titubanza che disorienta.

Certo non è di immediata comprensione, ma se pensiamo a quanto può essere travisato ciò che diciamo, possiamo meglio apprezzare il valore di una sintonia silenziosa.

E giungiamo così alla terza ‘s’ di scrivere.

Scrivere è farsi prendere la mano….dalla penna.

Ma, dicevamo in precedenza, è un evento piuttosto raro, poco richiesto nella vita di tutti i giorni, se non per incombenze burocratiche o necessità lavorative.

La semplificazione della scrittura è un dato di fatto che unitamente alla riduzione della complessità dei pensieri sembra voler preludere ad un vero e proprio abbandono della scrittura.

Il trionfo delle immagini è legato in particolare alla facilità con cui queste veicolano qualsiasi tipo di messaggio.

Lo sforzo è minore, naturalmente.

E non è un caso che le immagini siano diventate il paradiso dei pubblicitari.

Ma ci sono anche dei segnali in controtendenza.

Si scrivono cose che ci riguardano personalmente nei blog; è ripresa la produzione delle moleskine, mitici taccuini che sembravano essere stati del tutto abbandonati; si reimpara in molti casi a scrivere, si scrive di tutto un po’ e prende campo in particolare la scrittura autobiografica e biografica a salvaguardia di una rinnovata centralità del sé e di una maggiore attenzione alle storie di vita degli altri.

Tanti segnali che non fanno ancora una tendenza, ma che potrebbero portarci gradatamente a non stupirci più di tanto nel ritrovarsi, un giorno, insieme ad altri a sostare, in silenzio e scrivere.

Non per eccentricità o per snobismo bensì per rispondere ad una necessità ormai incontenibile e vitale.

Di sostare in silenzio e scrivere, appunto.